Intervista a Annalisa Casali Si può parlare di
programmazione (e soprattutto fare) in asilo nido?
Si può parlare
di programmazione se programmare è un'idea che trae e non ha la pretesa di realizzarsi
in un regolamento. Programmare è stabilire un programma sempre a lungo termine
e suscettibile di variazioni. Diciamo che programmare è una necessità adulta,
cioè di adulti che, per lavorare insieme, devono delineare un'ombra entro la quale
stare per non perdere la figura cioè la contestualità delle decisioni pedagogiche
e la declinazione di queste nelle azioni e nelle attività da proporre ai bambini.
Il nido nasce, in molti casi lo è ancora, come una declinazione della scuola
dell'infanzia. Forse perché, istituzionalmente, entra a far parte del mondo educativo
tempo dopo e quindi per autorizzarsi deve prendere le misure, cioè non discostarsi
dalle modalità educative che diventerebbero garanzia di principi educativi.
Negli anni ha costruito un'identità propria grazie a chi ha fatto notare che
ai piccoli della scuola dell'infanzia non corrispondono i piccoli del nido.
Oggi parrebbe un'assurdità ma nelle pratiche di ogni giorno… Programmare
significa distinguere i contesti, mettere in conto l'incalcolabile, esporsi all'errore
e agli sbagli. Significa accettare, incondizionatamente, che il mestiere dell'educare
è un mestiere impossibile.
Ma che cosa significa "programmare"?
Semplicemente documentare. Creare un enorme banca dati in cui tutte le cose che
ci sono e che si fanno hanno un loro posto e sono collegate tra loro. Potrebbe
essere solo questo. … al nido d'infanzia Sacheburache avevamo tante cose
da fare che avremmo potuto, serenamente, lasciare le cose come stavano, in fondo…
… L'organizzazione, tutto sommato, era buona. Tutte eravamo sufficientemente
d'accordo su cosa fare, su come fare con i bambini. … Un calendario giornaliero
stabiliva le attività didattiche che ciascuno portava avanti secondo il suo modo.
C'era l'educatrice con i suoi bambini e la collega di sezione. C'era sempre qualcuno
pronto a dare una mano, se serviva. Lavorare al nido era questo, come noi
anche tutti gli altri, chi più chi meno.
Tutti erano abbastanza contenti.
Le obiezioni, quando intervenivano, erano leggere e discrete tanto da poter essere
ignorate senza … perderci notti. Non c'era nessun bisogno di porsi domande.
Di prendere per mano quel resto che non faceva tornare i conti tra
ciò che si faceva e che avremmo voluto fare; di fermarci a pensare, a discutere,
a leggere, a cercare se qualcuno, prima di noi, si era interrogato e aveva trovato
altri modi su come fare per stare meglio con i bambini, i genitori, tra noi.
Nessun obbligo, nessun dovere imposto dall'alto.
Questa è stata la condizione
che ci ha fatto andare oltre la semplice trascrizione di quello che facevamo.
La documentazione è intervenuta come strumento per permetterci di leggere
quello che facevamo, per trovare un'alterità, una via di fuga dall'abitudine del:
siamo abituate a fare così, dalla consuetudine del si è sempre fatto
così. Per distinguere il personale dal professionale, per sospendere i modelli
educativi che credevamo perbene e buoni, somministrati dal buon senso comune
e legittimati da una certa enfatizzazione dell'infanzia e del buon insegnante
che lo fa per passione.
Come si è tradotto questo lavoro in un libro?
Le pagine … rappresentano … la storia del cammino professionale di
un gruppo, inzialmente eterogeneo, nuovo, che … ha compiuto una operazione riconducibile
ad una dinamica cognitivo/affettiva scompositiva e ricompositiva importante, …
attraverso una sorta di distanziamento cognitivo, ma non per questo asettico o
anaffettivo, le pagine che seguono rappresentano il tentativo di dare un senso
ad un percorso professionale compiuto negli anni, attribuendo significati alle
svolte volute e non volute, allo scontro o almeno allo sfasamento tra l'ampiezza
dei desideri, degli orizzonti, delle intenzioni, dei saperi impliciti o consapevolmente
esplicitati che ognuno si prospetta o è portato a intuire e la ristrettezza dei
passaggi o delle criticità con cui ci si deve continuamente confrontare.
Ciò che preme sottolineare … e che dà valore scientifico al percorso … è la metodologia
di lavoro adottata dagli operatori. Appare evidente, infatti, come, … la
progettualità non possa esser intesa come progettualità del singolo, ma abbisogni
di una metodologia che consenta il confronto puntuale e sistematico tra i diversi
operatori/educatori in vista dell'assunzione di "decisioni" negoziate che vanno
a definire nello specifico la natura e l'articolazione degli interventi educativi
stessi. Per rispondere a questa esigenza di concretezza, ma soprattutto di
aderenza alla realtà, si è evidenziata la necessità di un approccio ai problemi
di natura prevalentemente qualitativa, caratterizzato da due fondamentali dimensioni,
quella strategica costituita dall'azione e dalla riflessione e quella organizzativa
caratterizzata dalla predisposizione dell'azione e dall'osservazione di quanto
accade. Sotto il profilo metodologico, quindi, la Ricerca-azione, in quanto ricerca
orientata alle decisioni, ha rappresentato il punto di incontro ideale tra teoria
e prassi, capace di produrre conoscenze ma al tempo stesso, attraverso l'azione,
di indurre contestualmente dei cambiamenti, coniugando l'organizzazione del sapere
con l'efficacia dell'intervento.
… (da: Premessa di Luca Chicco pag.
7)
Quali sono le linee portanti della programmazione presentata nel
volume "Di passo in passo…"?
La condizione è la scrittura. Scrivere
è tradire il pensiero e l'azione. Scrivere è accorgersi di aver fatto… peccati
di omissione. E non è piacevole. Lavorare con i bambini comporta l'essere
ri-portati al qui ed ora e questo condiziona a tal punto che… si cresce
con loro, ciascuna volta, dimenticando il passato, scordando il futuro, cioè
dove eravamo e dove avremmo dovuto andare. L'unica salvezza per non perdere…
la direzione è scrivere, annotare, prendere appunti per leggere testimonianze,
per non affidarsi ai ricordi che danno sempre un'altra versione dei fatti… come
i sogni. Occorre allora andare oltre al disagio del foglio bianco e scrivere
per non perdere il filo lungo gli errori di calcolo, per dare statuto ai progetti,
per trovare adiacenze con quello che c'era, si fa, si dice, si farà. Scrivere
per lasciare tracce delle decisioni, delle scelte, per non dimenticare le… intuizioni
e le curve strette, per ricordare che abbiamo mantenuto le promesse, che gli errori
non sono mai di logica, che si impara sbagliando i conti, che si può sempre cambiare
ma occorre trovarne le ragioni. E se le ragioni sono inciampi, errori, sbagli,
fraintendimenti la documentazione separa la persona dal fare… si riesce ad evitare
qualche conflitto… diventa quasi facile cercare e trovare modi diversi per non
restare condannati alla ripetizione di un presupposto identico.
…
Scrivere … è distinguere, distinguere implica prendere delle decisioni. Decidere
è un atto di responsabilità. … Come se tutto ciò non accadesse già ogni giorno,
in ciascun gesto rivolto ad un bambino, un genitore, una collega … Difficile
decidere cosa scrivere quando le cose sono tante, ugualmente importanti, quando
Filippo, Matteo, Sara ti costringono a ri-mettere in discussione ciò che ritenevi
appropriato e consono! Difficile esporsi, dire qualcosa delle proprie pratiche
educative senza avere la garanzia di parlare in nome di…
… L'organizzazione:
I collettivi vennero distinti in: - organizzativi e teorici, mensili
e settimanali, piccoli e grandi. - di sezione; con il personale di cucina e d'appoggio.
- di tutto il personale; di soli educatori.
Lavorare a piccoli gruppi
ha facilitato la circolazione delle idee. Con pazienza e costanza ciascuno incominciò
a pensare e a scrivere, a rispondere a ciò che uno schema chiedeva.
La documentazione:
Schemi per leggere in altro modo, per mettere ordine,
per: - posizionare le cose che venivano fatte. - capire i nessi logici
che ci sono tra: Programma, Programmazione Educativa (aree di sviluppo e
progetto educativo) e Programmazione Didattica (progetto didattico e unità didattiche).
- per trovare la coerenza educativa.
… La metodologia:
Il confronto/discussione degli schemi tra gli educatori, nei collettivi di
sezione, determinavano la prima scelta sul condiviso (di tre schemi si arrivava
ad uno), nei collettivi teorici di tutti gli educatori (una volta al mese) avveniva
la negoziazione per giungere allo schema che avrebbe contenuto le idee di tutti.
… Schema dopo schema abbiamo incontrato quello che ciascuno intendeva
per servizio, quali finalità, quali obiettivi. L'idea di bambino cominciava
a prendere forma. Le attività proposte acquisivano un senso perché collegate
… alle aree di sviluppo, alle finalità del servizio … alla curiosità, al piacere
di fare, di esserci, di dire, di ascoltare. … La distinzione aveva permesso al
condiviso di emergere. L'ultimo grande schema, che li conteneva tutti, diventò
la programmazione Non per chiudere, ma per essere liberi di cambiare.
… I capitoli della programmazione indicano la procedura adottata.
L'individuazione
dei bisogni affettivi, relazionali, motori e cognitivi del bambino secondo le
tappe di sviluppo costituiscono la base di partenza. La dichiarazione, le
finalità e gli obiettivi ne sono la conseguenza. Da qui la declinazione in:
- presa in carico del genitore e del bambino, - la programmazione educativa
e didattica, - i ruoli e le competenze del personale, - l'organizzazione
del servizio. - I riferimenti teorici sono quelli che, rispetto alle varie
teorie educative, più si avvicinano ai bisogni stabiliti inizialmente.
La forza di un progetto è data dalla metodologia adottata; dall'assunzione
di responsabilità di ciò che si fa e di ciò che non si fa; da una certa "libertà
di circolazione delle idee e delle pratiche" che tengono conto di chi,
in altri modi e in altri tempi e prima di noi, ha camminato e ha lasciato
indicazioni sulle vie da percorrere.
Forse il filo, che corre lungo
tutto ciò che è stato chiamato la programmazione, è la relazione tra le
persone che hanno costituiscono il collettivo, la loro… presa in carico di tutto
il sistema nido, andando ben oltre il compito assegnato. È una certa vigilanza
affinché tutto proceda, nella direzione decisa, in una tolleranza sufficientemente
creativa.
Ritengo sia questa la linea su cui poggia la scrittura e il
suo prodotto cioè la programmazione. …una corda che tiene insieme le debolezze
e le risorse, di tutto ciò che sta in superficie cioè che si legge dentro le tabelle.
Ciascuno di noi parlando intende cose differenti anche se usa gli stessi
significanti. Precisare ciò di cui si parla argomentare le motivazioni per cui
quella cosa va in quella tabella piuttosto che in quella immediatamente
sotto diventa un'indicazione pedagogica, costituisce un nesso logico che deve
trovare adiacenze logiche e pratiche con ciò che sta sopra e sotto, prima e dopo.
Non è mica facile! Ma può diventare estremamente interessante trovare che
le attività didattiche, che sono sempre state fatte, hanno sempre avuto
le stessa direzione. Direi che c'è qualcosa della sorpresa e della soddisfazione
trovare che anche l'altro aveva messo quella cosa proprio lì e per gli
stessi motivi. Sono trovate che alimentano alleanze pedagogiche anche
quando si trova qualcosa che… non ci sta proprio e non si capisce… perché
è sempre stata fatta. Alleanze dove il non capisco diventa una
sfida per cercare e trovare le ragioni del fare e del non fare.
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